Marco Pucci

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I cinema e le sale parrocchiali – Cosa accade in Italia

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Nel primo decennio dalla nascita del cinematografo l’Italia è subito presente tra i paesi protagonisti nella produzione di film. Il 13 marzo 1896 viene presentato a Roma, presso lo studio Le Lieure, il primo film dei Lumière. Il successo è talmente grande che nel giro di pochi anni il cinematografo si diffonde in tutta la penisola grazie a baracconi, piccole sale e centinaia di case di produzione che iniziano a realizzare film. In Italia nasce il genere del film storico in costume che verrà esportato in tutto il mondo. Caratteristica principale di questo nuovo modo di fare film consiste nella riproduzione di imprese storiche come ad esempio in “La presa di Roma” di Filoteo Albertini (1905) dove scene di massa e nuove inquadrature (i cosiddetti “quadri” perché ispirati alla visione dei dipinti di grandi artisti), appassionano gli spettatori e ne decretano l’enorme successo. Altri film del nuovo genere Kollosal da ricordare sono “Nerone” (Luigi Maggi e Arrigo Frusta, 1909), “La caduta di Troia” (Giovanni Pastone, 1911), “Quo vadis?” (Enrico Guazzoni, 1912) e numerosi altri capolavori, basti pensare che nel solo 1912 vengono prodotti in Italia più di mille film.

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/1″][vc_video link=”https://www.youtube.com/watch?v=vvXNw8_P2-I”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text] Parallelamente alla diffusione delle case di produzione nascono le prime sale: la prima a inaugurare in un edificio appositamente dedicato è il Cinema Lumière, costruito nel retro di palazzo Agostini a Pisa nel 1899. In Italia il fenomeno dei nickleodeon sviluppati in America tra il 1905 e il 19015 non prenderà mai piede. L’Italia può permettersi delle strutture architettoniche degne di una piccola sala cinematografica fin dalla nascita del cinema. Sia in città che nei piccoli paesi vengono utilizzati spazi di antichi palazzi, vecchi teatri oppure le sale parrocchiali, piccoli luoghi ricavati nell’oratorio, negli spazi della parrocchia o in locali vicini alla chiesa. La loro diffusione è talmente grande che subito dopo la Seconda Guerra Mondiale la metà delle sale cinematografiche presenti in Italia (circa 1200) è costituita da sale parrocchiali. La loro presenza in tutto il territorio permetterà al cinema italiano di diventare uno dei grandi protagonisti a livello mondiale. L’alta affluenza del pubblico comporta un grande profitto delle case di produzione e grandi investimenti in questo campo, nonostante la grande ingerenza da parte degli organi di censura che tagliavano parti di pellicola non ritenute idonee. In Italia nel periodo tra le due guerre (1938-1943) lo sviluppo del cinema e delle sale subisce una grande accelerazione, anche per motivi propagandistici. Ben 258 sale nascono solamente nel ’42. Il governo promuove la cinematografia italiana, nasce Cinecittà e il Festival di Venezia, mentre diminuisce l’importazione di film americani con l’entrata in guerra degli Stati Uniti. Finito il conflitto bellico è tutto da ricostruire ma in pochissimi anni si recupera tutto quello che andò distrutto e la passione degli italiani verso il cinema aumentò notevolmente: “Via col vento” (1939) segna un record di visione e distribuzione nelle sale. A Roma nel 1945 nasce il primo cinema multisala, il Fiamma, e il Fiammetta, destinato alla proiezione di film in lingua originale o di seconde visioni.   [slideshow_deploy id=’2118′]   Ma cosa significava andare al cinema in quegli anni? La modalità di visione era completamente diversa da quella di oggi: prima di tutto al cinema si poteva entrare in qualsiasi momento (non era obbligatorio l’ingresso prima dell’inizio della proiezione) e si poteva restare in sala e aspettare l’inizio del nuovo spettacolo per recuperare le scene perse. Il cinema era vissuto come un modo per trascorrere del tempo libero con gli amici, a qualsiasi ora del giorno e della notte, in piedi o seduti sugli scalini tra il fumo delle sigarette e il vociare dei ritardatari. Il pubblico non andava semplicemente a vedere un film, ma andava al cinema. Il buio della sala era un luogo di incontro per innamorati, che si sistemavano nelle ultime file per essere tranquilli e meno disturbati. Il film in questi casi poteva anche non avere nessuna importanza. Come ricorda Franco Prono, professore dell’università di Torino, nel libro Domani è un altro giorno: ”Il grande schermo del cinema costituiva un fondamentale polo di aggregazione sociale, divulgazione culturale, scatenamento della fantasia…A quanto ricordo, per tutti i bambini e ragazzi della mia generazione il cinema era uno dei divertimenti più apprezzati, un regalo che i genitori concedevano o negavano secondo i meriti o demeriti conseguiti nel corso della settimana…”.[1] Sale parrocchiali, piccoli cinema di periferia, maestose sale al centro delle città, tutti nella stessa misura erano in grado di rapire lo spettatore e costringerlo a tornare più volte nel corso della settimana. La distribuzione degli spettatori in platea avveniva secondo regole non scritte ma comuni in quasi tutte le sale italiane: i bambini sempre nelle prime file, a metà le coppie sposate, in fondo gli uomini soli. “Si apriva il sipario e nel grande cono di luce iniziava a fluttuare il fumo delle sigarette, accese in continua intermittenza come lucine del presepio. Fumavano gli uomini che per tutta la durata del film tenevano il cappello in testa come Humphrey Bogart, imbacuccati in cappotti pesanti. Fumavano i ragazzi della galleria, cercando di non farsi scoprire dai padri fumatori e fumavano le ragazze più emancipate, lanciando nel buio i primi messaggi di libertà. Era tutta una storia di fumo. Fumo in sala e fumo dallo schermo, se ci si mettevano anche gli Apaches a scambiarsi segnali nelle grandi praterie. Ma era anche e soprattutto, ogni volta, la storia di una partecipazione corale di pancia e di cuore, di corpi e voci che si alzavano quando arrivavano i nostri, di grandi e bambini che incitavano l’eroe, di fiato sospeso nelle scene d’azione, di applausi calorosi dopo una serie baci appassionati”.[2]   Una scenda del film “Nuovo Cinema Paradiso”, Giuseppe Tornatore (1988). In questo film Tornatore fa una memorabile ricostruzione della vita all’interno delle sale cinematografiche dell’epoca.

 
 

Dai racconti di questo tipo, sorge spontanea la domanda su quali sono stati i motivi della fine di questo amore per i cinema e delle sue trasformazioni. I fattori che hanno contribuito a mutare il volto di questo “luogo” sono molti ma uno in particolare risulta determinante: la diffusione della televisione. Tra gli anni’50 e ’60 si hanno i primi segnali di flessione del mercato cinematografico. In Italia, nel 1954, si diffonde il segnale televisivo e la RAI inizia il servizio regolare di trasmissioni giornaliere. Il successo è subito enorme.

Il nuovo medium è in grado di raggiungere tutte le case degli italiani, anche di quelli che vivono in paesi lontani dove il cinema è inesistente o le poche sale presenti riescono a proiettare film con molti mesi di ritardo e con una qualità a volte molto bassa a causa dell’usura della pellicola. Un esempio può spiegare meglio i primissimi conflitti tra questi due media: in molti cinema il giovedì sera, la proiezione dei film veniva interrotta per permettere la visione in diretta del programma televisivo Lascia o Raddoppia? condotto da Mike Bongiorno. Per questo venivano messi a disposizione del pubblico dei televisori all’interno del cinema. In questo modo le sale cinematografiche non perdevano gli spettatori che altrimenti sarebbero rimasti a casa per seguire il programma. Oltre alla tv, non unica imputata, bisogna ricordare anche altri due fattori: la crescita economica del paese e la motorizzazione. Con l’aumento del reddito le società occidentali possono permettersi anche altri tipi di divertimento, come ad esempio viaggi e sale da ballo. L’aumento delle macchine e ciclomotori come la Vespa permettono invece di utilizzare in altri modi il tempo libero. Nel 1960 uno studio condotto dalla società S.I.A.E. mette in evidenza come la motorizzazione sia uno svago pari al cinema e alla televisione: la popolazione è ora in grado di spostarsi da una parte all’altra della città o da un paese all’altro in cerca di nuovi stimoli. Un altro motivo, non proprio riscontrabile nelle statistiche, è che il primo bacio (e non solo il primo) viene sempre più frequentemente dato in macchina e sempre meno nel buio delle sale. In poche parole aumentano i divertimenti: juke-box e giochi elettronici nei bar, gite fuori porta, sono solamente alcuni aspetti ricreativi della nuova società italiana. Nonostante questo, la situazione del cinema nel nostro paese fino al 1982 è la migliore in Europa; la produzione filmica è di ottima qualità e il ritardo nella diffusione della televisione è molto grande rispetto agli altri stati. Verso la fine degli anni ’70 nascono le prime televisioni private aumenta il numero dei film e dei programmi trasmessi: gli italiani si lasciano catturare dalla piccola “scatola magica” e non escono più. In seguito l’invenzione del videoregistratore, con la conseguente diffusione dei negozi che noleggiano film a basso costo, decretano la morte della cinematografia italiana. Chiaramente per morte non si intende un collasso definitivo, ma a se mettiamo a confronto il potere del cinema degli anni ’40 e ‘50 con quello attuale il risultato è drammatico. Negli anni ’70 il cinema mette in atto una sua forma di resistenza: schermi sempre più grandi, film tridimensionali, dolby surround sono solamente alcune delle strategie utilizzate a livello internazionale. Ma la vera trasformazione avviene ancora una volta nelle sale. Il vecchio cinema parrocchiale non funziona più. Negli Stai Uniti nascono intorno agli anni ’60 i multisala. Nascono nuovi edifici progettati appositamente per permettere un numero crescente di proiezioni in contemporanea e ben presto verranno studiati dei veri e propri centri, i multiplex, dove coesistono attività commerciali come bar, ristoranti, sale giochi.
Le nuove televisioni al plasma, sempre più grandi e con una qualità audio e video degne di una sala cinematografica oggi compromettono ulteriormente la situazione. La televisione si sta trasformando in sala privata con tutti i confort del caso o della casa.  La rete Internet e la possibilità di scaricare film provenienti da ogni parte del pianeta o addirittura di vederli direttamente in streaming, sta ancora una volta mettendo alle strette il sistema cinematografico. I produttori, intuito il pericolo, stanno studiando nuovi sistemi per riportare la gente nelle sale, come l’utilizzo massiccio di effetti speciali sempre più avanzati e la riproposizione di film tridimensionali. Questi costringono lo spettatore a uscire di casa, indossare degli occhiali e sedersi in silenzio davanti al capolavoro del momento. Nei prossimi articolo vedremo con maggior approfondimento la lotta tecnologica del cinema contro la televisione: una serie di innovazioni nel linguaggio e nella strumentazione che negli anni sono stati utilizzati con l’unico scopo di riportare la gente nelle sale cinematografiche. Per concludere questo capitolo vorrei soffermarmi su un aspetto molto singolare. Com’è stato possibile, nel giro di cinquant’anni, passare da una situazione dove andare al cinema era una festa, la sala un caos incredibile dove la gente socializzava, alle attuali sale dove gli spettatori si isolano nei loro sedili per veder il film? Cos’è cambiato?   1
 
 
Nell’immagine a sinistra uno steel frame del film “Nuovo Cinema Paradiso”, Giuseppe Tornatore (1988). A destra una comune sala cinematografica con spettatori che guardano un film in 3d.
 
 
Sicuramente uno dei fattori principali riguarda l’innalzamento della cultura media della popolazione italiana (che la televisione ha contribuito a formare) e una graduale “civilizzazione” delle persone. Non solo all’interno dei cinema ma anche nella vita di tutti giorni la civiltà della società ha fatto passi enormi dal secondo dopo guerra a oggi. Non si fuma più nei luoghi pubblici, non si parla ad alta voce, non si sputa per terra, ecc… Sembrano considerazioni scontate che tuttavia trovano riscontro nell’esperienza di chi è nato prima degli anni ’80. Un secondo aspetto, non meno importante, come accennato prima, è quello dell’aumento delle opportunità di svago. Un tempo la sala era vissuta per molte persone come unico momento di svago dove poter incontrare nuove persone oppure incontrare i propri compaesani (al di fuori della messa domenicale). Era naturale quindi entrare in una sala e parlare con le persone accanto, ridere insieme ai propri compagni e baciarsi nelle ultime file. Anche il linguaggio cinematografico contribuisce al mutare della sala: con l’introduzione dell’audio il film deve essere ascoltato e non è più possibile perdere le battute degli attori. Inoltre anche le trame diventano sempre più complesse con effetti speciali e montaggi particolari che catturano l’attenzione dello spettatore riducendone quindi la possibilità di relazione e socializzazione con i vicini di poltrona. Con l’avvento degli occhialini 3d questa chiusura raggiunge il massimo livello. Le persone che vanno al cinema smettono di parlare tra di loro all’inizio del film. Allora perché continuiamo ad andare al cinema? Ora che i film sono visibili da casa, scaricando le ultime uscite per pochi euro direttamente sui nostri dispositivi (pc, tv o occhialini che simulano la dimensione dello schermo cinematografico) in una qualità mai raggiunta prima e in eterna evoluzione, vale ancora la pena uscire con gli amici, parcheggiare, fare la fila, sperare di non trovare nessuno davanti a noi troppo alto o chiacchierone, per guardare un film e stare comunque in silenzio per due ore? La magia della sala cinematografica è finita ma la storia continua…

[1] – Gazzera Edoardo, Domani è un altro giorno, Breve storia delle sale cinematografiche, Torino, Marco Valerio Editore, 2005, pg. 60.
[2] Alemanno Maria Giulia, “Torino Sette” – La stampa, articolo pubblicato in occasione della mostra 100 ANNI DI CINEMA, allestita a Crescentino nel maggio 2008.

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